Quattro domande a Justin Travlos

Etienne Cadestin, fondatore e amministratore delegato a livello globale di Longevity Partners, rivolge quattro domande a Justin Travlos, Global Head of Responsible Investment presso AXA IM Alts.

Quali sono le maggiori sfide che hai dovuto affrontare nell’implementazione della sostenibilità nelle tue proprietà o nel tuo portafoglio?

A mio parere, la difficoltà maggiore è sempre stata la gestione del cambiamento.

Implementare soluzioni correlate alla sostenibilità è tutta questione di mettere le persone in grado di percepire una nuova opportunità e fornire loro il giusto supporto tecnico e il tempo necessario per cogliere quell’opportunità.

Lo chiamo “colmare il divario”.

Innanzitutto, spesso si tratta di una lacuna di conoscenze. A volte, non si sa di avere un problema. Solo quando si comprende che un problema è reale, è possibile iniziare a pensare alla sua soluzione. Cercare di fornire soluzioni correlate alla sostenibilità quando manca una sufficiente percezione dell’esistenza di un problema può essere davvero poco efficace. Tentare di convincere le persone circa l’esistenza di un problema è un esercizio di gestione del cambiamento. Il modo più veloce per convincere le persone a comprendere un problema è disporre di dati significativi, pertinenti e concreti facilmente comprensibili.

Quindi, si tratta di un “divario di dati”.

Ottenere i dati richiede tempo e dedizione, ma è il modo più efficace a disposizione di un’azienda per valutarsi e misurare i progressi. Anche “ottenere i dati”, come ben sai, è più facile a dirsi che a farsi. Il problema della raccolta dei dati è noto nel settore, ma rileviamo buoni progressi a livello globale, non solo nella disponibilità dei dati e delle imprese che semplificano la raccolta e l’analisi degli stessi, ma anche nel crescente consenso su obiettivi, parametri di riferimento significativi e indicatori di performance coerenti. Malgrado questo, una volta raggiunta ha una visione ragionevole dei dati, occorre l’impellente spinta ad agire.

E qui subentra il “divario di valore”,

che riguarda la percezione. In un mondo che soppesa perennemente costi e benefici, talvolta “riformulare” il valore come “rischio” aiuta a interiorizzare e capire il modo in cui le cose sono collegate e fornisce maggiori motivazioni per l’azione. Spesso, prima di agire le persone devono farsi un’idea precisa del valore.  Uno dei più efficaci cambiamenti di percezione registrati negli ultimi mesi è stata la crescente consapevolezza del rischio di perdita. Che può tradursi nel rischio di liquidità dovuto a scarse performance energetiche, aumento dei rischi di natura fisica legati al cambiamento climatico e svalutazione degli immobili, o nei costi necessari a predisporre gli adeguamenti a lungo termine che i futuri proprietari si aspetteranno. Questo è il punto in cui avviene un cambiamento di mentalità e si è in grado di identificare nuovo valore e mitigare nuovi rischi. È l’ampliamento di capacità che consente di passare da risultati singoli, specifici di un progetto, all’applicazione di prospettive simili a portafogli e nuove opportunità.

Una volta che questo accade… “attenzione al gradino”.

Come spesso succede dopo una svolta, si verificano rapidamente tante cose, a diversi livelli di comprensione e con molto entusiasmo. È il momento in cui il team ha maggiore necessità di consulenti fidati, un supporto tecnico capace e chiare aspettative di attenta valutazione e buona governance affinché sia possibile continuare a gestire non solo i rischi, ma anche i progressi. Vi sono molte altre sfide, tra cui differenze geografiche, normative contrastanti e politiche locali, ma il lavoro di gestione del cambiamento è fondamentale per compiere progressi significativi.

Puoi spiegarci come sono cambiate le tue discussioni sulla sostenibilità negli ultimi 12-24 mesi, sia a livello globale che nel Regno Unito? 

Sotto diversi aspetti, il cambiamento di percezione e comprensione, di cui parlavamo prima, negli ultimi mesi è stato accelerato e a livello globale abbiamo superato un punto critico nel “colmare il divario”. Ripensando agli ultimi 12 mesi, sia i partecipanti che il grado di raffinatezza nelle conversazioni sui temi ESG sono cambiati, sia nel Regno Unito che a livello globale; inoltre, anche la definizione delle priorità degli investitori sull’importanza di ESG è mutata.

Le lacune nelle conoscenze ci sono ancora e ci saranno sempre, ma la comprensione generale di ESG, e in particolare dei rischi legati al clima, ha cambiato radicalmente la profondità delle discussioni nel settore immobiliare. Il discorso è passato dall’essere di nicchia e mirato, ad ampio e tematico. Ora il valore associato a ESG è spendibile sul mercato e apprezzato, al punto che la sua assenza è evidente e c’è stato un passaggio fondamentale dalle “parole” a “evidenti segnali di azione””. Quest’ultimo aspetto è il più critico ed è anche l’unico antidoto all’ecologismo di facciata.

Le nostre discussioni circa il rischio di investimento sono comprese in modo più profondo e pubblicate su forum che alcuni anni fa non venivano nemmeno presi in considerazione. Svalutazione degli asset, test di sensibilità al rischio climatico e nuove categorie di asset emergenti nel capitale naturale. Includiamo il carbonio incorporato in un percorso verso “net zero” o no? Molte nuove domande, alle quali è ancora difficile rispondere e, soprattutto, nuove menti e innovazioni al lavoro per risolvere alcuni problemi globali molto urgenti.

Quali elementi di novità stanno emergendo quando parli con investitori e/o locatari per le tue diverse categorie di immobili? 

In molti casi c’è stata un’evoluzione. Ad esempio, prima alcuni investitori mi chiedevano se la nostra società avesse sottoscritto i PRI (Principles for Responsible Investment), mentre negli ultimi mesi le domande sono cambiate: “Esattamente, in che modo includete il rischio ESG nel vostro processo decisionale? È possibile avere esempi e dimostrazioni?”

Anche la specificità delle domande per le diverse categorie di asset è cambiata. C’è una crescente comprensione dell’uso dei diversi marchi e strumenti di certificazione, più o meno rilevanti per le differenti categorie di asset; infine, si è visto un cambiamento significativo e sostanziale nella domanda di un maggiore livello di granularità dei dati da parte di tutti gli investitori e i gestori. Quest’ultimo punto si è rivelato a volte complesso, soprattutto nei mercati privati ​​del settore immobiliare, dove la maggior parte dei dati non è stata raccolta in modo sistematico e valutabile.

Spiccano poi altri due temi di discussione.

Il primo tema è il carbonio. Nei vari mercati, il tono, l’urgenza e la comprensione del potenziale valore di fondo del carbonio hanno, di volta in volta, una connotazione sia da apocalisse che da “corsa all’oro”. Stiamo colmando il “divario”: vediamo l’opportunità di impegnarci in modo significativo nella decarbonizzazione su tutte le nostre attività e di sviluppare le capacità dei nostri team nell’identificare e generare valore per i nostri investitori, tramite infrastrutture, sviluppo, efficienza energetica, silvicoltura sostenibile o investimenti a impatto sociale; continuiamo a lavorare con una visione molto più ampia del valore e una profonda integrazione dei rischi e delle opportunità ESG.

Il secondo tema riguarda il valore sociale. Vi è un’enorme pressione per identificare “la metrica” con cui misurare le prestazioni di un progresso sociale, ma la realtà è che ogni categoria di asset è diversa, come le persone. Il tema è entusiasmante, perché al centro c’è il bisogno molto umano di connettersi e lavorare su ciò che conta davvero per la gente. Che si tratti di calcolare il beneficio finanziario netto di una locazione sociale o di sviluppare parchi giochi per bambini nei centri commerciali, il discorso sul valore sociale ruota attorno alla ricerca di un risultato umano significativo, laddove un tempo verteva su edifici e finanza. L’argomento è importante per due motivi: innanzitutto ha un chiaro impatto a lungo termine sul valore e poi offre una nuova dimensione di coinvolgimento e soddisfazione personale ai team che si occupano di asset. Le due motivazioni procedono di pari passo nel assicurare affari migliori e risultati migliori.

L’attuazione di una strategia “net zero” globale è una grande sfida; come garantite che i vostri obiettivi vengano implementati in tutti i continenti in cui AXA IM Alts dispone di risorse?

La sfida resta molto impegnativa. La trasformazione degli umori del mercato nel corso degli ultimi 12 mesi l’ha semplificata; se in passato alcune aree geografiche, come l’Australia, erano molto in anticipo rispetto ad altre, ora assistiamo a un rapido recupero in molti mercati. Per aiutarci ad assicurare un ragionevole livello di coerenza, abbiamo fissato obiettivi per le nostre attività e stiamo ottenendo una migliore visibilità sui progressi e sulle performance in tutto il mondo. Ma in realtà, le nostre attività sono dinamiche: acquisiamo, gestiamo e dismettiamo asset allo scopo di generare valore per i nostri clienti e le sfide nel fornire un percorso coerente verso “net zero” non mancano di certo.

Per fortuna, strumenti come CRREM stanno aiutando il mercato a tracciare coerentemente il percorso in modo più specifico per diverse categorie di asset in diversi paesi e rendendo più significativa e precisa la misurazione dei progressi per i diversi team.

Infine, possiamo contare su consulenti strategici per fornire supporto ai nostri team nella realizzazione tecnica dei nostri obiettivi, ad esempio per strutturare i quadri di riferimento di due diligence, effettuare audit energetici, valutare soluzioni energetiche solari e a basse emissioni su larga scala o creare strategie di gestione energetica su misura, come nel caso di Dolphin Square. In definitiva, poter disporre di soluzioni coerenti e rilevanti per il mercato e di un supporto aggiornato per i nostri team di consulenti ci consente di tradurre i realtà le nostre ambizioni e di registrare progressi significativi verso un futuro più sostenibile.

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